La Cooperativa Olivicola di Arnasco è attiva nella valorizzazione degli antichi mestieri tramite la gestione e l’aggiornamento del “Museo dell’olivo e della civiltà Contadina” allestito presso l’edificio della sede sociale e del frantoio; il museo è già inserito nel circuito del turismo didattico e ospita, ogni anno, un consistente numero di scolaresche.
All’interno del Museo è possibile vedere, grazie a più di 500 oggetti esposti, la ricostruzione della vita locale nei secoli passati: ambienti, strumenti, personaggi in cartapesta, attrezzi della vita quotidiana, dei mestieri dei secoli scorsi e del lavoro nei campi e tra gli ulivi.
Un frantoio del 1796 permette di comprendere come veniva prodotto l’olio nei secoli passati, un oro giallo tutt’ora vanto della comunità, che ora si pregia del riconoscimento della varietà locale di olive: l’arnasca.
Il Museo rappresenta un’esposizione permanente della storia e delle origini della piccola comunità olivicola di Arnasco.

Le antiche origini del territorio di Arnasco vanno ricercate nella ormai scomparsa frazione di Arveglio, già presente in epoca romana e che fu abbandonata nel corso del XVI secolo quando, secondo lo storico genovese Agostino Giustiniani, il borgo contava nel 1537 all’incirca 250 persone (80 “fuochi”, famiglie).
L’ipotesi romana è supportata dal ritrovamento di antiche mura e centurioni agricoli nei pressi della chiesa protoromanica di San Dalmazzo – quest’ultima risalente ai secoli X-XI – che giace nel fondovalle accanto al rio Arveglio.
Le cinque frazioni (Villa Chiesa, Menosio, Bezzo, Arveglio e Cenesi) vennero inglobate in epoca medievale nella Castellania di Rivernaro che fu dominio della famiglia Clavesana, ma nel corso dei secoli XII e XIII, durante le plurisecolari cruente lotte tra i Clavesana ed il nuove emergente “libero” Comune di Albenga, la Castellania subì alcune amputazioni territoriali che ne dimezzarono l’ambito, limitandolo alle prime tre frazioni.
Al 1236 risale la divisione del territorio fra le famiglie Cazulini di Albenga e i Del Carretto del ramo di Balestrino. E furono i primi a seguito dell’inagibilità dei vecchi castelli carretteschi di Rivernaro e di Costiglione (i ruderi di quest’ultimo sono ancora oggi visibili al di sopra della località Chiesa) a costruire nel 1321 il castello dallo stile vagamente rinascimentale, conosciuto come Castel di Bezzo (ancora oggi abitato).
La Castellania di Arnasco, Cenesi e Rivernaro – feudo imperiale del Sacro Romano Impero – rimase di fatto sotto il controllo della famiglia albenganese fino al 1753, quando per successione ereditaria passò nella seconda metà del XVIII secolo alla famiglia ingauna dei Costa – legata al ramo di Balestrino dei Del Carretto – che ne conservò il possedimento anche dopo il passaggio di questo territorio nel Regno di Sardegna a partire dal 1735 per le decisioni preliminari del trattato di Vienna.
Con la successiva dominazione napoleonica, e la soppressione dei feudi imperiali nel 1797, i territori di Arnasco e Cenesi furono uniti in un’unica municipalità che rientrò nel Dipartimento del Letimbro, con capoluogo Savona, all’interno della Repubblica Ligure.
Dal 28 aprile del 1798 fece parte del I cantone, con capoluogo Albenga, della Giurisdizione di Centa e dal 1803 centro principale del IV cantone della Centa nella Giurisdizione degli Ulivi.
Annesso al Primo Impero francese, dal 13 giugno 1805 al 1814 venne inserito nel Dipartimento di Montenotte.
Solamente nel 1815 i due maggiori centri dell’ex Castellania acquisirono una propria indipendenza comunale – nel nuovo comune di Arnasco rientrarono le frazioni di Bezzo e Menosio – ed inglobati nella provincia di Albenga del Regno di Sardegna così come stabilì il Congresso di Vienna del 1814.
Annesso al Regno d’Italia dal 1861, dal 1859 al 1926 il territorio arnaschese fu compreso nel I mandamento di Albenga del circondario di Albenga facente parte della provincia di Genova; nel 1927 con la soppressione del circondario ingauno passò, per pochi mesi, nel circondario di Savona e, infine, sotto la neo costituita provincia di Savona.
Dal 1973 al 31 dicembre 2008 ha fatto parte della Comunità montana Ingauna e, con le nuove disposizioni della Legge Regionale nº 24 del 4 luglio 2008, ha fatto parte fino al 2011 della Comunità montana Ponente Savonese.